I progetti di turismo sostenibile nel sud del mondo, ad oggi, sono molto legati a realtà associative, e nascono poggiandosi su episodi, storie, espedienti, con un approccio essenzialmente volontaristico. Anche questo progetto è nato da una storia, la storia della Pousada Tremembè e dell’associazione Tremembè Onlus. Se la creazione dell’offerta e del prodotto in loco segue questa logica, lo stesso discorso vale per il marketing e la commercializzazione di prodotti di turismo sostenibile o responsabile. Ad oggi, in Italia, esiste qualche operatore specializzato in questi prodotti, ma la penetrazione nel mercato turistico nazionale è irrisoria (2400 persone all’anno). Inoltre questi operatori che sposano l’etica del turismo responsabile, tracciano itinerari nei paesi in via di sviluppo, anche in Brasile, e certamente, nel fare ciò, adottano un approccio ineccepibile, valorizzando la cultura locale, rispettando l’ambiente e ad appoggiandosi a strutture ricettive gestite da locali. Ma occorre chiedersi se questa dinamica possa davvero innescare processi di sviluppo locale in queste comunità. Il problema è che le destinazioni turistiche commercializzate dal turismo responsabile non hanno alcuna visibilità. Le località sono proposte negli itinerari, ma si può affermare che questi pochi operatori detengano il monopolio degli arrivi turistici, che si fermano a cifre quasi ridicole. Lo sviluppo portato dal turismo deve essere sostenibile, ma deve anche essere sviluppo. È perciò fondamentale che le comunità che partecipano del progetto si organizzino in un ente trasversale che, oltre che ad essere uno strumento di governance, oltre che creare coesione e motivazione, sia un vero e proprio sistema integrato d’offerta. È necessario che la rete disponga di un tour operator di incoming che gestisca i flussi in arrivo e implementi strategie di marketing e comunicazione, ovvero quello che le singole comunità non possono fare, per carenza di competenze e di risorse.
Troppo spesso i progetti di turismo sostenibile nel Sud del mondo si fermano davanti ad una barriera, un circolo vizioso che impedisce lo sviluppo turistico e, di conseguenza, socioeconomico di queste aree. Una (legittima) ansia etica fa sí che queste belle idee rimangano tali. I promotori di queste azioni di cooperazione cadono cosí in una pesante (e spesso ignorata) contraddizione: che vantaggio possono trarre le comunitá se il progetto non é economicamente sostenibile, se i benefici si rivelano essere nulli?
È necessario trovare un punto di incontro, raggiungere una convivenza armonica tra il turismo e l’ambiente fisico e socioecomico delle comunità. L’equilibro fra utilizzo e conservazione delle attrattive e delle risorse di interesse turistico, ambientali o etnografiche.
Perché il turismo sostenibile sia senza dubbio sostenibile, ma sia soprattutto turismo.
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