Un'esperienza enologica, una storia emozionante, che sapeva di una terra, la Puglia, che sento anche un po' mia.
Sabato sono stato in una cantina piemontese, vicino a Novara, un posto di per sè triste, ma colorato da una ricchezza inaspettata. Antonio Ferrari, enologo, commerciante e produttore di vini, uomo d'altri tempi. A raccontarci la sua storia, è la figlia. La storia di un uomo la cui vita si è intrecciata con quella di filari distanti mille chilometri, affacciati sullo Ionio. Mentre parliamo degustiamo vini vecchi di cinquant'anni, disegnati dal suo estro d'artista, fino a sentire in bocca il gusto del suo capolavoro, il Solaria Jonica, Primitivo annata 1959.
La storia del Solaria è una di quelle che non si dimenticano.
Antonio incomincia a fare i suoi vini da giovanissimo, quando capisce, o intuisce, di avere un talento da enologo, cresciuto in una famiglia di operai. Ma Antonio non è un imprenditore. Costruisce i suoi vini, sceglie le viti, assaggia l'uva quando è ancora acerba, e chiunque altro vi riconoscerebbe soltanto un gusto aspro ed acido.
E così compone le sue opere d'arte.
Non compra mai la terra, gli piace che a prendersi cura dei filari siano i contadini del posto. Paga sempre in anticipo, anche quando non sa ancora se riuscirà a piazzare il vino, piuttosto si indebita, ma non manca mai.
E' il 1959 l'anno del capolavoro. Antonio capisce che quell'estate nasconde la promessa di qualcosa di unico. Anni dopo si saprà che fu la più calda del secolo. Antonio non poteva saperlo, naturalmente. Ma lo capì.
Aspetta a cogliere l'uva, fino all'inizio di ottobre, nonostante rischi che tutto sia rovinato da un rovescio autunnale. Fa caldissimo il giorno che decide finalmente di vendemmiare, la terrazza sullo Ionio ribolle alla luce accecante del sole.
Torna a Novara con un tir pieno d'uva, e un sogno nel cuore. Fin dall'inizio, il suo progetto è chiaro. Quest'uva non si tocca, almeno per dieci anni. Vuole dimostrare che le uve di primitivo, sottovalutate, usate in piemonte per tagliare i vini locali, sono in grado, sole, di produrre qualcosa di grande. Per mesi la fermentazione è vulcanica, Antonio passa notti intere in cantina, a raffreddare le botti con sacchi bagnati. Taglia e allunga il vino, per non farlo sbordare, ma sempre soltanto con lo stesso mosto.
Dieci anni dopo, con la stessa semplicità di una decisione scontata, Antonio rimanda l'imbottigliatura di altre dieci lune, quando tutto era già pronto. E la scena si ripete, a distanza di anni, e solo nel 2000 il Solaria Jonica vede la luce, quasi contro la volontà del suo creatore, e subito diviene storia.
La storia del Solaria è una di quelle che non si dimenticano.
Antonio incomincia a fare i suoi vini da giovanissimo, quando capisce, o intuisce, di avere un talento da enologo, cresciuto in una famiglia di operai. Ma Antonio non è un imprenditore. Costruisce i suoi vini, sceglie le viti, assaggia l'uva quando è ancora acerba, e chiunque altro vi riconoscerebbe soltanto un gusto aspro ed acido.
E così compone le sue opere d'arte.
Non compra mai la terra, gli piace che a prendersi cura dei filari siano i contadini del posto. Paga sempre in anticipo, anche quando non sa ancora se riuscirà a piazzare il vino, piuttosto si indebita, ma non manca mai.
E' il 1959 l'anno del capolavoro. Antonio capisce che quell'estate nasconde la promessa di qualcosa di unico. Anni dopo si saprà che fu la più calda del secolo. Antonio non poteva saperlo, naturalmente. Ma lo capì.
Aspetta a cogliere l'uva, fino all'inizio di ottobre, nonostante rischi che tutto sia rovinato da un rovescio autunnale. Fa caldissimo il giorno che decide finalmente di vendemmiare, la terrazza sullo Ionio ribolle alla luce accecante del sole.
Torna a Novara con un tir pieno d'uva, e un sogno nel cuore. Fin dall'inizio, il suo progetto è chiaro. Quest'uva non si tocca, almeno per dieci anni. Vuole dimostrare che le uve di primitivo, sottovalutate, usate in piemonte per tagliare i vini locali, sono in grado, sole, di produrre qualcosa di grande. Per mesi la fermentazione è vulcanica, Antonio passa notti intere in cantina, a raffreddare le botti con sacchi bagnati. Taglia e allunga il vino, per non farlo sbordare, ma sempre soltanto con lo stesso mosto.
Dieci anni dopo, con la stessa semplicità di una decisione scontata, Antonio rimanda l'imbottigliatura di altre dieci lune, quando tutto era già pronto. E la scena si ripete, a distanza di anni, e solo nel 2000 il Solaria Jonica vede la luce, quasi contro la volontà del suo creatore, e subito diviene storia.
3 commenti:
ma quante bottiglie esistono?
difficile sperare di degustarne una a meno che non si vada in cantina o in qualche enoteca della zona, presumo...
Destinate alla vendita, ancora 12.000, prezzo al produttore intorno alla novantina. In enoteca anche il doppio, e sono poche ad averlo.
Potrei aggiungere che me ne hanno regalata una...
Ciao Chiara...Antonio, Gianangele e Saro sono i miei cugini di Galliate...pensa che al mio compleanno dei 18 ne abbiamo stappate diverse...è veramente un piacere...ho anche delle bottiglie da 750 anzichè da 1/2 litro...diciamo delle "prove"!!!
Se ti capita regalatene una o, meglio, fattela regalare!!
Federico
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