lunedì 22 settembre 2008

dreams

C'è sempre un momento in cui ti pare che la linea d'ombra si stia avvicinando.
E' stato un pensiero che mi ha accompagnato, fino a quando, come sempre accade con le cose davvero importanti, mi sono voltato indietro guardando negli occhi il me stesso che ero, la linea d'ombra alle spalle.
Ricordo anche che una paura, la più banale e la più vera, mi attanagliava quando pensavo al momento del passaggio. Avevo paura di cambiare, di iniziare a leggere il mondo con altri schemi, di farmi trascinare da logiche che non avrei scelto.

Così mi sono promesso di lasciare sempre uno spazio, di non negare - almeno non in toto - questa naturale tensione verso il possibile che sentivo far parte di me.

Non smettere di sognare.

Ieri l'altro è stato ripreso in mano un sogno, che, un anno fa, non mi lasciava dormire la notte.
Forse rimarrà tale. Forse no.

Nasce un'alba già invernale, fra poco uscirò di casa e respirerò l'aria frizzante di Trento.
Quel sogno, intanto, è tornato a vivere.

mercoledì 17 settembre 2008

settembre (questo)

"Ogni tanto qualcuno si chiude. Ogni volta che ascolto quest'espressione mi viene in mente Giustino Fortunato, che nei primi anni del '900 - per conoscere la situazione dei paesi della dorsale dell'Appennino meridionale - aveva camminato a piedi per mesi, raggiungendoli tutti, soggiornando nelle case dei braccianti, ascoltando le testimonianze dei contadini più rabbiosi, imparando che voce e che odore avesse la questione meridionale. Quando poi era diventato senatore, gli capitava di tornare in questi paesi e chiedeva delle persone che aveva incontrato anni prima, quelle più combattive che avrebbe voluto coinvolgere nei suoi progetti politici di riforma. Spesso però i parenti gli rispondevano: "Quello s'è chiuso!". Chiudersi, diventare silenzioso, quasi muto, ua volontà di scappare dentro di sè e smettere di sapere, di capire, di fare. Smettere di resistere, una scelta di eremitaggio presa un momento prima di sciogliersi nei compromessi nell'esistente."

Non ho trovato parole mie che meglio esprimessero l'atmosfera di questo settembre.
Magari, se siete nella decina di persone che capitano su questa pagina, potreste pensare che questo è un settembre triste, rispetto ai due precedenti. Che il sottoscritto ha abbandonato le proprie tensioni oniriche, che si rifugia in una quotidianità, della cui mediocrità è consapevole, e che si rassegna ad essere ragioniere della continuità.

In realtà, è vero l'opposto.
Certo, non è un settembre facile, non guido nella notte con il vento nei capelli, e la persona amata al mio fianco. Cerco di scrivere questa storia e di esserci, con pazienza e determinazione. Veglio e ascolto. Corro, spesso.

Ma non mi chiudo.

martedì 2 settembre 2008

settembre (un paio d'anni fa)

Stamane, alzandomi e gettando un’occhiata fuori dalla finestra, ho subito pensato che quella di oggi sarebbe stata una tipica giornata settembrina, grigia e piovosa. Una di quelle giornate che ti fanno capire senza mezzi termini che l’estate è finita. Settembre. C’è chi dice sia un mese del cazzo, a metà fra la stagione calda che gioca le sue ultime carte e un autunno che non presagisce nulla di buono. Sarà anche vero, ma per uno strano gioco di coincidenze e situazioni, o forse perché settembre – per sua natura - è un mese di bilanci e progetti, a me questo periodo dell’anno ha sempre detto qualcosa. Stamattina ho accompagnato mio fratello a sbrigare le prime pratiche per l’iscrizione all’università, e ripensavo ad un settembre di sei anni fa, quando, con una camicia bianca e poca barba, mi recavo in via balbi a completare gli stessi formulari. Con un po’ di nostalgia ricordavo l’entusiasmo e i timori, le prime lezioni, i primi esami. Lo scorso luglio quel capitolo della mia vita si è chiuso, per lui oggi è incominciato, in una piovosa giornata settembrina. Ripensavo al settembre di Ilaria e a quello di Valentina, e a quello stranissimo 20 settembre di tre anni fa, quando guardavo spaesato fuori dal finestrino di un bus diretto a Galway, fantasticando su quello che mi aspettava e annusando l’aria avido di nuovi odori. Ripensavo a me solo in macchina, un settembre di non so più quanti anni fa, a piangere solo sulle note dei modena, a piangere per cosa, non ricordo. Ripensavo ad una chiacchierata notturna con un amico, seduti sul ciglio della strada, per uccidere la rabbia con un’intesa, sforzandosi di capire, senza mai riuscirci.

Da bambino mi divertivo ad immaginare che le centinaia di auto che vedevo passare tutti i giorni dalla finestra di camera mia fossero tutte in partenza per qualche viaggio meraviglioso. Non concepivo che si prendesse l'autostrada solo per andare al lavoro. Impossibile. Specialmente di notte, quelle sagome che si distinguevano nell'oscurità grazie ai loro fari gialli erano tutte in partenza, e il bello era che io non sapevo dove stessero andando. Era l'idea del viaggio in sè che mi affascinava.

Settembre. Un’altra occhiata fuori dalla finestra, sta ancora piovendo. Mi scopro meno spensierato di qualche settembre fa. Forse, più consapevole. Certamente con la stessa voglia di partire.

Non so a voi, ma a me questa pioggia ha sempre detto qualcosa.